Xenotrapianti: una annosa questione

Stanno destando molta attenzione gli xenotrapianti, ossia organi sani prelevati da animale, più di frequente maiali, poi impiantati nell’uomo. La pratica è stata pensata e avviata per sopperire alla carenza di organi umani, una realtà con la quale ci si confronta sempre e che può mettere a rischio la vita dei pazienti in attesa di un trapianto d’organo, e comunque rappresentare una potenziale “soluzione” per accorciare le lunghe liste di attesa.

Tuttavia, recenti eventi stanno evidenziando alcune criticità legate a questa tipologia di trapianti, o meglio alla “fonte” dell’organo donato. «In America – spiega il Professor Antonio Amoroso, direttore del Servizio di Immunogenetica e Biologia dei Trapianti della Città della Salute, Coordinatore del Centro Regionale Trapianti della Regione Piemonte, e rappresentante di Fondazione D.O.T. (Donazione Organi e Trapianti) – in un paziente sottoposto a trapianto di cuore geneticamente modificato da maiale sono state trovate tracce di un virus che attacca specificatamente i suini. A due mesi dal trapianto, l’uomo è morto sollevando diversi dubbi sull’utilizzo di organi animali quale possibile veicolo per introdurre nell’organismo umano nuovi agenti patogeni che non appartengono alla nostra specie. L’ipotesi è che il virus trovato nel DNA del paziente possa aver contribuito al fallimento del trapianto, sebbene i medici sostengano che non vi siamo prove della stretta relazione né sembra che l’uomo abbia avuto reazione di rigetto al cuore trapiantato, geneticamente modificato proprio per evitare questo rischio».

Qual è il messaggio che ricaviamo da questa esperienza? «Lo xenotrapianto potrebbe essere una potenziale opportunità – continua Amoroso – ma prima che possa diventare una realtà effettiva, entrando nella pratica clinica quotidiana, occorre far fronte e risolvere diversi aspetti: il rigetto innanzitutto, e l’utilizzo di organi OGM non è sempre la soluzione, assicurare il corretto funzionamento dell’organo trapiantato nel nuovo ospite, trattandosi comunque di un organo proveniente da una specie diversa da quella umana, ridurre quanto più possibile le probabilità di ingresso di nuovi agenti patogeni nell’organismo umano con potenziale diffusione  nella specie. Infine non possono essere trascurati problemi di ordine diverso da quello puramente clinico: questioni di natura teologica, antropologica, psicologica ed etica, fino a problematiche di carattere legali e procedurali». Insomma, una questione davvero complessa.