Dai pazienti trapiantati una luce per comprendere e combattere il Covid-19

Da uno studio realizzato dalla Rete trapianti del Servizio sanitario nazionale e appena pubblicato sulla rivista “Transplantation” emerge che vi è una possibile correlazione tra le varianti dell’antigene HLA e la predisposizione sia a contrarre il virus SARS-CoV-2 sia a un suo decorso negativo. L’antigene HLA è in realtà il sistema genetico che regola il sistema immunitario nell’uomo e, di conseguenza, anche la risposta di rigetto. 

Abbiamo intervistato il prof Antonio Amoroso che è il primo autore di questa ricerca pubblicata sulla rivista Transplantation, nonché il coordinatore del Centro Regionale Trapianti del Piemonte e Valle d’Aosta, per comprendere i punti principali di questa importante ricerca: “anzitutto lo studio è stato reso possibile grazie alla collaborazione dell’Istituto Superiore di Sanità, dove ha sede il Centro Nazionale Trapianti e il registro COVID. Abbiamo infatti analizzato i dati delle persone positive al Covid-19 presenti nel registro di sorveglianza epidemiologica del Dipartimento malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità e quelli dei pazienti che hanno ricevuto un trapianto in Italia (più di 56 mila dal 2002) o che ne sono ora in attesa (oltre 8 mila). Questo gruppo di persone è registrato nel Sistema informativo trapianti e di loro conosciamo il profilo genetico rilevante per i trapianti. 

Dall’incrocio dei dati si è potuto individuare tra i trapiantati e quelli in attesa coloro che sono risultati positivi: 265 i casi emersi e di questi si è analizzato il profilo genetico, in particolare il ruolo degli antigeni HLA e la tipologia del gruppo sanguigno, abitualmente raccolti. Ed è risultato che la presenza di una variante dell’antigene HLA – e cioè l’HLA-DRB1*08 – non solo è frequentemente associata sia alla positività al virus, ma porta a una maggiore probabilità di decesso. In pratica questa variante genetica avrebbe una minore “capacità” di riconoscere il coronavirus e, di conseguenza, di attivare il sistema immunitario per bloccarlo. Questa variante genetica è presente nel 6% della popolazione italiana con maggior diffusione al Nord (9%) rispetto al Sud (3%).”

”E’ emerso inoltre “- continua il professor Amoroso – “che i pazienti con gruppo sanguigno A presentano un rischio lievemente maggiore di contrarre il Covid-19 rispetto ai quelli con gruppo 0. Le persone che hanno ricevuto un trapianto o che sono in attesa rischiano in generale di contrarre l’infezione circa 4 volte in più rispetto al resto della popolazione italiana.”

“Questo studio ha un ruolo significativo” – conclude il prof Amoroso- “non solo nel capire maggiormente questo virus che ha travolto le nostre vite, ma ci permette di definire maggiormente l’identikit dei pazienti più a rischio e ciò è fondamentale per un controllo della diffusione della malattia e per una pianificazione mirata delle vaccinazioni”.