Un anno di attività del laboratorio di genetica per i trapianti

Sono stati pubblicati sulla rivista ‘Journal of Nephrology’ i risultati del lavoro Clinical exame sequencing is a powerful tool in the diagnostic flow of monogenetic kidney diseases: an Italian experience, svolto dal laboratorio di Genetica dei Trapianti di Torino, per il riconoscimento di eventuali malattie genetiche nei candidati al trapianto renale. Dal 2019 il Servizio di Immunogenetica e Biologia dei Trapianti ha avviato una attività di consulenza genetica e identificazione di mutazioni genetiche che possono condurre a insufficienza d’organo (renale, cardiaca o epatica) e, quindi, al trapianto: infatti, circa il 10-30% di malattie che conducono al trapianto, ha una origine genetica. Inoltre, presupposto essenziale per avviare al trapianto un paziente con insufficienza d’organo è l’accurata diagnosi di malattia, che rimane attualmente non diagnosticata in circa il 50% dei pazienti in attesa di trapianto.

Dati che evidenziano che la diagnostica per tali malattie non è diffusa e la Regione Piemonte ne è largamente scoperta, da cui l’esigenza di attivare un servizio dedicato.

«L’accesso a questo servizio – spiega Silvia Deaglio, professore associato di genetica all’Università di Torino e dirigente medico presso il servizio di Immunogenetica e biologia dei trapianti della Città della Salute di Torino – avviene tramite il Centro di Nefrologia/Gastroenterologia/cardiologia di riferimento o attraverso il medico genetista che vede il paziente in consulenza per il quale si ha necessità di confermare un sospetto diagnostico attraverso l’identificazione di una mutazione specifica e/o di indirizzare il sospetto diagnostico in presenza di quadri clinici complessi e non chiari».

L’analisi si attua sul “clinical exome”, ovvero sul sequenziamento “next generation” di un pannello di circa 6700 geni (vedi lista) selezionati per il coinvolgimento in patologie umane (Illumina TruSightOne Expanded), analizzando poi esclusivamente i geni mutati che possono portare a danno renale o epatico. Due volte l’anno viene effettuata una revisione della letteratura e un aggiornamento dei pannelli di analisi. «Nel caso il sospetto diagnostico venga confermato geneticamente – aggiunge la professoressa – si procede a una analisi prioritaria dei geni potenzialmente coinvolti o dell’intero pannello di geni implicati in patologie renali o epatiche se non vi è evidenza di specifiche mutazioni. Nel caso di quadri clinici complessi e non chiari verrà, invece, analizzato l’intero pannello renale o epatico. Il DNA del paziente verrà conservato presso il Servizio di Immunogenetica e Biologia dei Trapianti per tutto il tempo necessario all’analisi dei dati e alla conferma della presenza di eventuali mutazioni e poi distrutto. Mentre Ii dati genomici generati dal sequenziamento verranno conservati presso il Servizio di Immunogenetica e Biologia dei Trapianti per almeno 15 anni dall’esecuzione del test».